Eccola, finalmente sono a San Francisco!
Dopo New York è la città americana che più aspettavo! Il primo giorno lo iniziamo con una colazione come si deve, Blue Bottle caffè (uno dei più buoni) e croissant all’Embarcadero.
Gironzoliamo nel quartiere attorno: la statua di Cupido, un farmer market, la Columbus Tower, la Transamerica Pyramid, la bit Generation e lentamente ci avviciniamo al primo vero obiettivo della giornata: Chinatown.
Da tutti è decantata come la migliore degli States Chinatown si rivela davvero bellissima. Non amo molto i quartieri d’Oriente ma devo dire che questo è davvero uno di quelli da girare come si deve.
Entriamo ed usciamo da ogni negozio senza sosta, trovo anche un sacco di Maneki Neko (i gattini porta fortuna) che cercavo da tempo e ne prendo 3 in un colpo solo. Pranziamo in un piccolo ristorante la Hon’s wun-tun house pieno di local (buon segno) rapido, economico e buono, e poi ritorniamo nel cuore del quartiere dove prendiamo un dolcetto nella più antica pasticceria cinese.
Qui c’è stato anche Bill Clinton e i proprietari espongono la foto fatta con lui con grande orgoglio. Indico alla signora che dolce voglio, provo a chiederle gli ingredienti, lei mi sbrodola qualcosa in cinese qualcosa che assolutamente non capisco… “ok lo prendo”…per fortuna il dolce è davvero molto buono! Chiudo il mio shopping con un enorme pacchetto di biscottini della fortuna.
Verso sera ci dirigiamo prima al SF Museum che purtroppo è in ristrutturazione e non possiamo vederlo, e poi di corsa al Pier 39 per “trascorrere” un po’ di tempo tra i leoni marini e cena all’Hard Rock cafè, uno dei pochi ristoranti con cucina aperta oltre le 10 di sera.
Scopriamo che in città c’è anche Schwarzy.
Il secondo giorno inizia con tanto sole, quasi una rarità in questo periodo. Vista la giornata splendida cambiamo i nostri programmi e dopo aver visto una delle strade più fotografate al mondo, Lombard Street (per di più poco distante dal nostro appartamento), corriamo subito al Pier 39 per noleggiare le biciclette.
Nei mesi di preparazione al viaggio abbiamo pensato molto a cosa fare a San Francisco… alla fine è prevalso il giro in bicicletta contro Alcatraz. Inizialmente ammetto di non essere stata molto convinta (ma ogni tanto devo darla vinta ad Alessandro). Poi invece si è rivelata la scelta migliore. niente “fuga per la vittoria” per me da fuori mette un po’ di tristezza.
Biciclette noleggiate, salgo in sella dopo ben 20 anni… in teoria dicono che una volta che hai imparato a pedalare non lo si dimentica… in pratica rischio di schiantarmi alla prima pedalata (già immagino come sarò distrutta domani….) Partenza dal Pier 39 si attraversa tutto il Presidio per poi salire sul ponte.
Ci fermiamo ovviamente diverse volte per mille foto in mille punti diversi del ponte (quanto è bello!) e mentre noi avanziamo verso di lui… una nuvola bassa ci precede (e che cavolo) tanto che arriviamo finalmente in alto alla collina da cui parte il Golden Gate e risulta completamente coperto da una nube che quasi minaccia pioggia.
Ci immergiamo nella nube speranzosi, e quando arriviamo dall’altra parte ci accoglie il sole.
E mentre pedalo sul Golden Gate con l’aria frizzante sul viso e un sorriso a 32 denti penso che “sono afferro felice in quel momento”. A volte sono proprio le piccole cose che ti sorprendono. Terminato l’attraversamento del ponte la strada diventa estrema discesa, le ruote fischiano un po’ dalla frenata, prego in cinese per non stamparmi sull’asfalto e arrivo dopo una serie di curve sana e salva a Sausalito.
Ce l’ho fatta.
Il traghetto è proprio tra un’oretta, il tempo di riprenderci e di mangiare qualcosa. Sul traghetto di ritorno in città costeggiamo Alcatraz e sono contenta di non non averla fatta.
Riconsegniamo le bici e visto che non e’ molto lontano, facciamo un salto alla sede della Levis.
Chiudiamo la giornata facendo su e giù per Market Street dedicandoci allo shopping da ultimi giorni.
Stremati rientriamo a casa: per questi giorni in città abbiamo optato per un appartamento con AirBnB situato Russian Hill. Davanti a casa abbiamo una tipica lavanderia a gettone dove ogni sera incontriamo dei fantastici cagnoloni con il proprietario. Mi innamoro subito di Cody (che il padrone ci dice subito essere su instagram … ecco, ha più follower lui di un vip!
Il terzo giorno in città facciamo colazione in un posto carinissimo, una piccola bakery Latta’s bakery, con tanti dolci e tanti oggetti strani sparsi qua e là e in vendita.
La mia torta al mirtillo glassata al limone è davvero super, il timidissimo proprietario accetta i miei complimenti e mi sorride quasi intimorito.
Prendiamo anche qualche biscottino per la merenda (giusto per non farci mancare nulla) e saliamo su uno dei tanti tram per raggiungere il quartiere Castro, famoso per essere il cuore della comunità gay in una delle città con più alta concentrazione omosessuale.
Ad ogni angolo sbuca una bandiera arcobaleno, il quartiere è davvero alternativo a tratti anche un po’ hipster, con bar dall’arredo curato e negozietti particolari, alcuni che sfiorano il trash altri invece più interessanti. Entro in uno di questi che vendeva un po’ di tutto e compro uno stampo da cucina. Alla cassa, per pagare tiro fuori il mio portafoglio marcato Pantone e il proprietario inizia a sorridermi e inizia a raccontarmi che il suo compagno è un graphic designer (come me) ma che soprattutto ha un cagnolino nero chiamato Pantone: divertita e sorpresa della coincidenza gli rispondo che anche io sono una graphic designer e soprattutto che anch’io ho un gatto nero chiamato Pantone (come lui). A quel punto scoppiamo a ridere e diventiamo subito amici!
Alla fine a Castro non vi è molto da vedere e dopo circa un’oretta ci spostiamo a Mission District, il quartiere multietnico in prevalenza messicano. Cambiano i colori, e cambia l’atmosfera. Ci sono un sacco di negozi dove perderci la giornata,c’e’ la famosa chiesa nota come Mission Dolores da cui prende il nome il quartiere e dove Hitchcock giro’ alcune scene del film Vertigo. Ma il nostro obiettivo sono i famosissimi murales che caratterizzano la zona quasi come fosse una galleria a cielo aperto.
Pranziamo da Gracias Madre, ovviamente un ristorante messicano che si rivela davvero buono.
Con ancora parte della giornata disponibile andiamo a vedere le famosissime Painted lady, le case colorate più famose in assoluto quasi a simbolo della città dopo il Golden Gate… al di là che una delle case è in ristrutturazione… oddio è stata proprio rasa al suolo… nel complesso si rivelano un po’ deludenti. Mi chiedo ancora il perché addirittura la Lonely le abbia utilizzate per la copertina della guida di San Francisco.
Proseguiamo per la Grace Cathedral a Nob Hill, (da fuori ricorda le forme di Notre Dame) famosa soprattutto per le porte del Ghiberti (una riproduzione di quelle del Battistero di Firenze), ma soprattutto per la cappella progettata da Keith Haring in memoria di tutte le persone malate e morte a causa dell’aids.
Chiudiamo con 5 minuti di relax in un locale trovato per caso vagando tra le vie del quartiere ma che ci conquista con una delle Red Velvet più buone che io abbia mangiato davanti alla quale prendo la decisione (dopo vari avanti e indietro) di andare a comprarmi come ultima follia del viaggio la borsa di Marc Jacobs di cui mi ero innamorata da Macy’s.
Purtroppo è arrivato anche l’ultimo giorno in città, nonché in America. Per la gioia di Ale decido che bisogna chiudere in bellezza.. Come??? Facendo un brunch… non un brunch qualunque, ma quello di Mama’s, il più famoso in città. E’ necessario pero’ armarsi di un po’ di pazienza: il locale e’ talmente ambito che comporta solo… qualche ora di coda prima di riuscire ad entrare. Non posso non farlo in America!
Raggiungiamo così relativamente presto il locale, ovviamente a digiuno, e aspettiamo 2 lunghissime ore in coda sotto il sole più caldo visto in quei giorni.
Alla fine riusciamo ad entrare e.. beh si’ per chi ama il brunch ne vale davvero la pena… anche Ale che mi ha insultata per tutte le due ore ha ammesso che è uno dei più buoni in assoluto tra tutti quelli sperimentati fino ad oggi! Ordiniamo i tre piatti forti, cosi’ assaggiamo tutto (quando ci ricapiterà?): le omelette, i pancake alla banana e mirtilli (li sogno ancora adesso) e il French Toast.
Usciamo rotolando e per smaltire ci incamminiamo verso la cima della collinetta dove si trova la Coit Tower, uno dei punti panoramici da cui si può ammirare da un lato la San Francisco Bay e dall’altra la città.
E per finire tutto il viaggio, non potevamo mancare il famoso giro turistico sui cable car, ovvero i tram storici che ad oggi sono gli ultimi esemplari al mondo ad operare in modo completamente manuale: uno dei percorsi collega Union Square al Fisherman’s Wharf.
Passiamo la serata a casa a fare le valigie con la tristezza che ci assale per il dover tornare a casa…
Voglio rimanere qua!! Ok ok non si può, ma magari il prossimo anno possiamo tornare…
No???
AIRBB – Russian Hill
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